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avvocato Angelo Greco
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Diritti e doveri nel Web e nei Social con Angelo Greco

Intervista all’avvocato Angelo Greco sui diritti e doveri nel Web e nei Social
Di Anna Fata

E’ ormai consuetudine diffusa e comune navigare nel Web, nei Social Network, leggere, scrivere, esprimere il proprio punto di vista, divulgare notizie, scrivere articoli, citare persone, aziende, ma fino a che punto sappiamo quali sono i nostri diritti e doveri in tale contesti?

Il Web psicologicamente viene percepito come una terra come tutto o quasi è consentito. Di fronte al monitor ci sentiamo protetti, talvolta magari anche con l’espediente dell’anonimato, difficili da raggiungere, sia fisicamente, sia emotivamente. Quando spegniamo i nostri dispositivi tecnologici è come se spegnessimo una parte di un mondo che forse, però, tanto virtuale non è.

Si stanno accorgendo di quale grande impatto hanno il Web e i Social non solo gli psicologi, che incontrano ad esempio sempre più spesso persone legate a forme di dipendenza dalle nuove tecnologie, più o meno giovani di vittime di cyberbullismo, persone che hanno perso il lavoro a causa di un’infamia diffusa nel Web, ma anche i giornalisti, i sociologi, gli insegnanti, gli avvocati, che vedono in grande trasformazione la loro professione con un impatto non trascurabile sulla vita quotidiana.

Sul fronte legale, in particolare, ancora la cultura di chi fruisce del Web e dei Social pare essere piuttosto carente, per questo abbiamo deciso di intervistare Angelo Greco, Avvocato, Consulente legale, volto televisivo noto, grazie a trasmissioni molto popolari come Tempo & Denaro, in onda dal lunedì al venerdì su Rai 1, con la conduzione di Elisa Isoardi.

Quali diritti e doveri si dovrebbero rispettare quando si gestisce un blog personale, un sito internet aziendale, un sito d’informazione pubblica?

R: Gli stessi diritti e doveri di quanto si fonda un giornale tradizionale. Spesso la gente crede che il web sia un porto franco dove fare e dire ciò che si vuole. E invece per la legge non è così. Anzi, il web in alcuni casi come la diffamazione costituisce un’aggravante.
Le violazioni più diffuse sono quelle in materia di diritto d’autore: si copiano testi e/o immagini, ritenendo – a torto – che solo riportando il nome dell’autore e della fonte si sia in regola con il titolare del diritto. Non è così. C’è sempre bisogno dell’autorizzazione di quest’ultimo, posto che il diritto d’autore sorge in automatico con la nascita dell’opera e non con la registrazione alla Siae o con l’indicazione a fine testo “Ogni diritto riservato”.

Attenzione poi alle espressioni: il diritto di critica e di cronaca non autorizza i sedicenti giornalisti del web ad usare terminologia aggressiva, quella da strada (cosa invece molto diffusa). Anzi, come dicevo, la Cassazione ha riconosciuto l’applicazione dell’aggravante per l’uso di uno strumento – come appunto internet – dall’alta connotazione “pubblica” ed espansiva. In buona sostanza, c’è più danno a diffamare su una pagina social o su un sito che in mezzo a una pubblica piazza.

Non bisogna poi utilizzare nomi a dominio che riproducano marchi altrui. Così come di recente la giurisprudenza ha detto che l’azienda che copia la pagina Facebook di un concorrente, imitando tutte le strategie di marketing, foto e loghi commette concorrenza sleale.

Oggi sempre più spesso si assiste alla costruzione di notizie false, esistono veri e propri siti e persone che svolgono questa attività che poi spesso vengono anche ampiamente diffuse da persone che non si rendono conto di tali falsità. In quali sanzioni si rischia di incorrere quando si diffondono deliberatamente oppure non intenzionalmente delle notizie false?

R: Si sta tentando di arginare il fenomeno con dei progetti di legge. Oggi però il fenomeno rientra nelle normali forme di illecito civile o penale come la diffamazione, la violazione del diritto all’immagine, all’identità personale.

Senza contare che il codice civile accorda una generica azione di risarcimento per ogni danno ingiusto. Insomma, gli strumenti ci sono ma è chiaro che deve esserci la prova di un danno effettivo, concreto e attuale. Così ad esempio se un sito scrive che io sono morto e la mia famiglia lo viene sapere dal web mentre io sono fuori casa è facile ottenere un risarcimento. Ma se un sito scrive che la Cassazione ha detto che mangiare al parco lasciando i panini per terra costituisce reato per il quale scatta il carcere è difficile ipotizzare una sanzione per la falsa notizia.

Spesso nei blog e nei Social si trovano citazioni di testi presenti in altri siti o nei Social, o anche citazioni di parti di libri cartacei. Talvolta gli autori vengono citati, altre volte no. Come ci si dovrebbe comportare quando si desidera citare del materiale testuale, fotografico, audio o video di un’altra persona, in modo da rispettare il diritto d’autore?

R: Come dicevo sopra bisogna sempre contattare l’autore in modo da chiedergli il consenso. Se non è conosciuto, bisogna contattare il titolare del sito ove il testo o l’immagine è riprodotta. Se questi non rispondono il silenzio non si può considerare un consenso. Solo le immagini che sono semplici riproduzioni della realtà materiale (la foto di un pezzo di strada), senza alcun valore artistico, possono essere riprodotte liberamente indicando la fonte e senza autorizzazione.

Nel Web e ancor più nei Social le persone si sentono molto libere di esprimersi liberamente, magari offendendo personaggi pubblici, colleghi di lavoro, amici, parenti, a volte presenti nei medesimi contesti, altre volte assenti. Quali sono i rischi legali a cui va incontro chi esercita questo tipo di comportamento e cosa può fare chi ne è vittima?

R: Il reato di diffamazione è rimasto ancora nell’ambito del penale a differenza dell’ingiuria che è rimasto un illecito civile: la pena è la reclusione fino a 6 mesi e multa fino a 516 euro. Poiché la reclusione è inferiore a 5 anni si può ottenere l’archiviazione per tenuità del fatto. Tuttavia oltre al reato c’è l’aggravante per l’uso del mezzo pubblico quale appunto il web.

Si parla tanto di cyberpedofilia, la si teme, ma spesso, incautamente e inconsapevolmente si contribuisce ad alimentare il fenomeno. Nei Social, talvolta anche per imperizia, le impostazioni della privacy non correttamente impostate rendono pubbliche le immagini e i contenuti che pubblichiamo a tutti, anche i non amici e conoscenti. Se e cosa rischia sul piano della legge un genitore o nonno che pubblica sul suo profilo Social l’immagine di un proprio figlio o nipote minorenne?

R: Al momento nulla purtroppo. I genitori esercitano la patria potestà e possono decidere dell’immagine del minore, ma se questo comporta una lesione per il piccolo, l’altro genitore può rivolgersi al giudice e chiedere che inibisca questo comportamento. Al momento non ci sono precedenti.

Un altro fenomeno che si sta ampiamente diffondendo soprattutto tra i giovani è il cyberbullismo, che può minare fortemente la stabilità psicoemotiva di chi ne risulta vittima, talvolta sfociando anche in esiti drammatici. Se e quali pene sono previste nel caso di un minorenne o di un maggiormente che offende pesantemente un suo coetaneo? E cosa può fare, eventualmente, per difendersi chi è oggetto di cyberbullismo?

R: Ad oggi si cerca di arginare il fenomeno, ma i reati configurabili possono essere:

  • L’indebita raccolta, la rivelazione e la diffusione di immagini attinenti alla vita privata che si svolgono in abitazioni altrui o in altri luoghi di privata dimora (art. 615 bis codice penale);
  • Il possibile reato di ingiurie, in caso di particolari messaggi inviati per offendere l’onore o il decoro del destinatario (art. 594 codice penale);
  • Stalkig (atti persecutori) (art 612 bis codice penale);
  • Le pubblicazioni oscene (art. 528 codice penale);
  • La tutela dei minori riguardo al materiale pornografico (art. 600-ter codice penale; legge 3 agosto 1998, n. 269)

Per concludere, da avvocato, da professionista, ma anche da padre, ci offre qualche semplice buona pratica per un uso consapevole, sano e lecito del Web e dei Social?

R: Una buona regola è «Non fare agli altri quello che non vorresti sia fatto a te stesso». Mettetevi sempre nei panni dell’altra persona e pensate «Mi piacerebbe se qualcuno lo facesse a me?». Il punto è che oggi siamo tutti malati di visibilità e in nome di un granello di notorietà in più siamo disposti a fare qualsiasi cosa, anche a pagare un social per mettere in evidenza un post o una società che ci faccia ottenere più like.
Oggi contano più i like che i voti.
Credo che questo fenomeno nasconda tutta l’insicurezza delle persone, incapaci di credere in se stesse e quindi ancorate al giudizio degli altri, giudizio che ovviamente cercano di “forzare” con l’apparenza.

E’ vero che il web consente alle aziende di crescere in modo veloce ed economico, ma almeno bisognerebbe saper distinguere gli affari dalla vita sociale e privata. E invece, abbiamo abdicato alla nostra privacy pur di ottenere quella notorietà che sempre abbiamo invidiato ai personaggi della tv.
Quanto all’uso poi dei siti consiglio sempre un consulente SEO che possa introdurci alle regole base di una buona scrittura sul web; ma la cosa principale restano sempre i contenuti, la qualità delle informazioni (originalità, semplicità, tempestività) e soprattutto… la costanza.

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