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LinkedIn: Cosa si può fare, cosa no?

Intervista a Fabio del Vita e Riccardo Scandellari

di Anna Fata

 

Questa intervista nasce da un dibattito nato sul blog di Pulse di LinkedIn nei giorni scorsi.
Siamo partiti da un mio primo articolo dal titolo “A cosa serve LinkedIn e come usarlo al meglio?”  che ha suscitato parecchio interesse e un dibattito, a tratti anche acceso.

Abbiamo deciso di proseguire approfondendo la conoscenza e la riflessione sulle norme d’uso di LinkedIn con un post dedicato
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Poiché abbiamo trovato una possibile difficoltà d’interpretazione di alcune di queste norme, abbiamo deciso di parlarne con due esperti, Fabio de Vita e Riccardo Scandellari.

Fata: Tra le norme che indicano cosa FARE abbiamo riscontrato una possibile interpretazione ampia di questa norma: “Usare i Servizi in modo professionale”. Considerato che ogni professione ha la sua specificità, può essere difficile quali possono essere i confini di questa norma. Inoltre, il processo di “umanizzazione” del contesto di Linkedin generato dagli utenti in questo ultimo periodo sembra avere allargato la maglia degli argomenti e immagini veicolate. Nella vostra interpretazione, come possiamo declinare nel concreto questa norma in modo da essere sicuri di restare nelle linee guida indicate?

 

De Vita: La regola del “buon senso”vale sempre, ricordiamoci che LinkedIn è di origine americana e che quindi il regolamento è scritto con una filosofia di matrice anglosassone.

Sui social network siamo sempre davanti ad un pubblico, è facile sbagliare, le conseguenze possono essere pesanti e capita anche ai migliori. Se prima di ogni nostra azione contassimo fino a 10 probabilmente molti di questi errori potrebbero essere evitati.

Ma che significato può assumere professionale? Quante sfaccettature può avere? Per esempio la foto in macchina con la cintura di sicurezza allacciata e l’auricolare bluetooth è professionale per un “responsabile commerciale”? Una foto in abito da sera e sorriso ammiccante è professionale per una impiegata di un ufficio legale? E’ professionale la foto in costume o mentre sto facendo il mio sport preferito?

Molti errori possono essere evitati semplicemente rispondendo (meglio in forma scritta) alla domanda: Perché sono su LinkedIn?

Avere un profilo social mi rende automaticamente un “uomo pubblico”, per cui ogni azione successiva la devo pensare per il mio pubblico (quello che molti chiamano target).

 

Scandellari: Secondo le linee guida di LinkedIn dovremmo richiedere/concedere il collegamento solo alle persone che conosciamo personalmente e con cui abbiamo lavorato/studiato assieme. Non esiste, le linee guida sono un’indicazione di massima che, in questo caso, andrebbe forzata.

 

Fata: Tra le norme che indicano cosa EVITARE abbiamo individuato qualche possibile difficoltà interpretativa in “Invitare persone che non si conoscono a unirsi alla propria rete”.
Partendo dal presupposto che un social network può aiutare le persone a mantenersi in contatto con chi già conosce e avviare nuovi rapporti, come è possibile conciliare questa esigenza con il rispetto di tale norma?

 

De Vita: Più che una regola questo è un consiglio. Dipende molto dalla filosofia di networking che ognuno di noi adotta, generalmente dipende dalle motivazioni che mi spingono ad utilizzare LinkedIn.

Per esempio esistono i LinkedIn Open Networker, detti anche LION, che accettano tutte le richieste di connessione pervenute.

Penso che una buona regola per la costruzione e gestione del network sia quella di iniziare a chiedere la connessione alle persone che conosco, per poi iniziare ad ampliare il network attraverso un utilizzo proattivo dei gruppi, commentando discussioni di altri che ritengo interessanti o pubblicando io stesso delle discussioni. Sarà poi mia cura inserire nel network le persone che si hanno mostrato interesse alla discussione, commentandola o consigliandola.

Sconsiglio vivamente l’invito alla connessione a persone che non conosco utilizzando il messaggio standard di LinkedIn, come se stessi facendo volantinaggio. Ogni richiesta di connessione va motivata e personalizzata altrimenti non ha senso.

Interessante l’utilizzo strategico delle InMail, le email di LinkedIn a pagamento, per entrare in contatto con persone che ritengo interessanti, oltretutto quelle che ricevono risposta mi vengono riaccreditate.

 

Scandellari: La domanda è questa: perché dovrei utilizzare LinkedIn? La mia risposta è: allargare il più possibile il mio pubblico. Tutte le scelte fatte da me stesso, compatibilmente con le policy, vanno in questa direzione. Raramente chiedo il collegamento, ma quasi sempre lo concedo a chi me lo chiede.

 

Fata: Un’altra norma che potrebbe per certi versi risultare aleatoria è “Inviare spam o altre comunicazioni non gradite agli altri”. Sul fronte dello spam, forse, ci potrebbe essere maggiore accordo, ma su quello di comunicazione sgradita il margine interpretativo può essere molto ampio, in quanto la soggettività fa da padrone. Potete indicarci alcune linee guida che ci possono aiutare quando siamo in dubbio sull’inviare o meno dei contenuti?

 

De Vita: LinkedIn permette di inviare messaggi privati alle connessioni di primo livello, sia individuali che di gruppo. Molti scambiano questa possibilità per fare dell’email marketing non autorizzato, promuovendo dei propri prodotti o servizi al proprio network in maniera indistinta. La promozione di prodotti non richiesti o non desiderati può essere considerata “sgradita”?

Anche in questo caso vale la regola del buon senso.

I messaggi LinkedIn sono un ottimo strumento di comunicazione, più immediati delle email, molto simili ai messaggi whatsapp, per cui vanno utilizzati con attenzione e strategia.

Ultimamente LinkedIn ha rivisto completamente la funzione di messaggistica, privilegiando l’aspetto della comunicazione in tempo reale, stile chat, anche in virtù del fatto che l’utilizzo da dispositivi mobili, smartphone e tablet, di LinkedIn ha raggiunto e forse superato il 50%. Chat ed email hanno due linguaggi e filosofie d’utilizzo differenti, ricordiamocelo quando utilizziamo la messaggistica LinkedIn.

 

Scandellari: Dal profilo personale non ho mai inviato spam in vita mia. Ho un gruppo con oltre 15.000 persone che è stato usato per comunicazioni commerciali, ma è facilissimo disinscriversi e non viola le policy. Le informazioni commerciali fatte dal profilo personale sono da evitare.

 

Fata: Un’altra norma che spesso potrebbe essere trasgredita riguarda “Postare qualsiasi forma di pubblicità non sollecitata o non autorizzata, junk mail, spam, catene, schemi piramidali o altro”. Alcuni casi sono di palese pubblicità, ma altri possono risultare più velati, altri possono essere relativi a contesti, offerte no profit. Come districarsi in questo spinoso repertorio?

 

De Vita: LinkedIn parla di “qualsiasi altra forma di sollecitazione” facendo riferimento a cose illegali o comunque illecite. Altro discorso sono gli aggiornamenti impropri, un utilizzo borderline dei gruppi per promuovere i propri siti aziendali e blog creando discussioni con il solo scopo di creare traffico sul proprio sito senza dare valore al gruppo, l’utilizzo di Pulse per pubblicizzare prodotti e servizi e non per comunicare valore, ecc.

La possibilità di pubblicare aggiornamenti direttamente dal proprio profilo personale, partecipare ai gruppi, scrivere articoli su Pulse e commentare quelli altrui.

 

Scandellari: Ci si dovrebbe attenere a questa norma, più per motivi di prestigio personale che di violazione di qualche norma.

 

Fata: Per concludere una delle ultime norme che indicano cosa evitare riguarda “Accedere ai Servizi tranne con le interfacce espressamente fornite da LinkedIn, come le sue applicazioni per mobile”. Possiamo rendere esplicite le modalità assolutamente non permesse?

 

De Vita: LinkedIn contiene informazioni preziose , indirizzi email, indirizzi di siti web, indirizzi fisici di persone e aziende, numeri di telefono, account di messaggistica (skype, wechat, ….) link ai profili social di persone, aziende, scuole, …

In passato su internet ho visto pubblicizzati prodotti software e servizi che riuscivano a prendere informazioni riservate dai follower delle pagine aziendali LinkedIn in maniera illegale.

Per i programmatori di software, che vogliono integrare dei servizi LinkedIn nelle loro applicazioni, LinkedIn mette a disposizione delle API, Application Programming Interface, cioè delle librerie di funzioni che permettono di far interagire il mio applicativo software con l’applicativo LinkedIn.

Per esempio esiste una forte integrazione fra le soluzioni di Customer Relationship Management SalesForce e Microsoft Dynamics, permettendo di far colloquiare le due applicazioni sincronizzando i dati.

 

Scandellari: Non ho mai utilizzato un software terzo per postare in modo automatico, sono decisamente più utili su Twitter e Facebook in questo momento.

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